LA DONNA DEL POETA

di Giovanni D’Alessandro

 

Agli albori della storia,

da poeta avevo gloria,

ricorrenze ed occasioni

m’ispiravano creazioni.

Dedicavo amore e lodi

ai suoi glutei tondi e sodi,

frasi ardenti e un po’ mielose

per le sue labbra carnose.

Follemente innamorata

mi leggeva emozionata,

così tenera e caruccia,

anche qualche lacrimuccia.

Sempre insieme ad un presente,

che le donne fa contente,

mai banale, né scontato,

ma richiesto e ricercato.

Creme, fluidi e lozioni,

kit per depilazioni,

gran massaggi e trattamenti,

spazzolini per i denti,

vitamine per la pelle,

per le cosce e le mammelle,

guanto e spazzola esfoliante

con effetto levigante,

aggeggi per la pedicure

per i calli e le unghie dure,

le trovate più geniali

per rifar gli addominali.

Nulla ad oggi fa più effetto,

si stravacca dentro al letto,

dice: “Beh, per conciliare!”

poi s’attacca al cellulare.

La mia fervida letizia

scema nella sua pigrizia,

tutto resta quasi intonso

ed io un po’ come uno stronzo.

Quel che scrivo in gergo o in rima,

non fa presa come prima

e neppure v’è certezza,

che non va nella munnezza.

Ed allora, cara Musa,

perché tu non sia delusa,

ho pensato a questa cosa,

tra sferzante e spiritosa:

non ti faccio far fatica,

né ti scrivo in prosa antica,

rimanendo pur spiaggiata

fatti almeno una risata.

 

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